a cura di Andrea Salvati

Dalla realtà al Desiderio dell’Invisibile Il desiderio dell’invisibile

Tutto il mondo che ruota intorno all'uomo è fatto di forme, immagini e colori. Immagini che ti colpiscono, si imprimono nella tua memoria e poi svaniscono, si dimenticano, ritornano di nuovo e poi passano... Tutto è destinato a mutare, scomparire. Tutto è vanità, tutto si corrompe, si trasforma, sfuma come in un sogno e poi muore. Parole di Luigi Salvatori che sembra riprendere e fare proprie quelle secolari incise nell'austero salone per l'accoglienza dei pellegrini, dominato da un grande camino, appena si entra nel Convento francescano di Bellegra, parole concretizzate nel quotidiano dal Beato Diego Oddi da Vallinfreda le cui spoglie riposano nell'attigua Chiesa. Anche la natura sembra partecipare allo stesso destino dell'uomo che è la morte. L'uomo, proprio per la paura della morte si trova, durante la vita, soggetto a schiavitù e questa paura non rimane al di fuori di lui ma lo distrugge interiormente. L'uomo è incapace di uscire da sè stesso, di aprirsi all'altro, di trascendersi nell'altro poichè l'esperienza di morte che possiede gli impedisce di amare nella misura in cui l'altro l'uccide, lo distrugge, lo mortifica. Questo male deriva dalla limitatezza umana, dai condizionamenti dell'uomo, dal cattivo uso della libertà, dall'egoismo radicato. L'uomo vive immerso in questa realtà naturale delle cose e soffre nell'incapacità di potersi donare, di amare, di godere e gustare nella sua totalità e profondità delle meraviglie del Creato. La sua conoscenza è imperfetta, la bellezza delle cose create non lo appaga, i momenti di gioia sono effimeri, passano subito. In questa situazione esistenziale l'uomo vive con una speranza: quella di essere liberato dalla paura della morte e dare un senso alla propria vita ed alla propria esistenza. Con un senso di libertà, di trionfo, di gioia, di speranza, l'uomo e tutta la creazione attendono, con impazienza, il soffio di un nuovo spirito rigeneratore. Da queste riflessioni nascono le Opere di Luigi Salvatori; esse rappresentano quasi l'espressione poetica di una avventura interiore, di un moto dello Spirito, nato da una profonda contemplazione, nuova e attonita, del mondo che ci circonda. E' questo spirito vitale che dà origine ad un'opera d'arte, come sostiene anche il grande filosofo Hegel nel suo saggio su "L'estetica": "L'opera d'arte è tale solo in quanto, originata dallo spirito, appartiene al campo dello spirito e manifesta solo ciò che è formato secondo la risonanza dello spirito". Il fine dell'arte, secondo Hegel, non è l'imitazione della natura nè il tentativo di suscitare sentimenti; il vero scopo dell'arte è: "rivelare la verità sotto forma di configurazione artistica". Nel bello artistico si manifesta la verità, la "rivelazione concreta ed individuale dell'universalità dello spirito, l'apparire sensibile dell'idea". In questo senso l'arte è essenzialmente "mediazione e conciliazione tra spirito e materia, universale e particolare, infinito e finito, pensiero e sensibilità tra la natura e la realtà finita e l'infinita libertà del pensiero concettuale. L'opera d'arte costituisce una delle forme del percorso lungo il quale lo spirito si libera dell'esteriorità della natura per ritornare alla piena comprensione di sè". Continua Hegel: "La bellezza artistica è la perfetta conciliazione di idea e forma concreta, spirito e materia, pensiero ed intuizione". Le Opere di Luigi Salvatori traggono spunto da luoghi riconoscibili. Gli piace guardare i paesaggi attraverso il ricordo della memoria, magari partendo da uno schizzo o da un disegno, chiudendo gli occhi e poi riaprendoli e poi chiudendoli di nuovo; nasce così il desiderio dell'invisibile, dell'infinito... Ma siccome la mente umana non riesce a concepire l'infinito, in quanto l'uomo è entità finita, non resta che accontentarsi dell'indefinito e delle sensazioni che confondendosi l'un l'altra, creano un'impressione illusoria; e allora, in luogo della vista, lavora l'immaginazione interiore, la fantasia subentra al reale, la realtà diventa un sogno ed il sogno diviene realtà. Sulla tela si imprimono le immagini, le forme ed i colori che l'anima ricorda e rivive. Attraverso la trasparenza calda delle immagini passano, fugaci, le macchie fredde di colori; i colori colano quasi a piangere sulla natura del mondo e quasi a gridare che la realtà è un'altra e che nulla è definito. Le parole con le quali Marta Lock traduce l'immagine dell'Opera: "Il rovo sotto la neve" sembrano perfettamente sovrapponibili con quelle usate da Pietro Spina nel raccontare alla nonna Maria Vincenza le grandi emozioni provate nel veder germogliare la vita sotto la neve nell'eccezionale Opera letteraria: "Il seme sotto la neve" del grande Ignazio Silone. Salvatori e Silone hanno usato tecniche diverse, uno la pittura, l'altro le parole ma hanno espresso gli stessi sentimenti, gli stessi intenti. L'impressione esterna diventa quindi espressione interiore dell'anima.
Ecco... definirei l'arte di Luigi Salvatori: 
"Impressionismo espressivo dell'anima". 

Marzo 2020, Andrea Salvati