A cura di Andrea Salvati
Dalla realtà al Desiderio dell’Invisibile
Il desiderio dell’invisibile
Prendo spunto per presentare Luigi Salvatori da un suo scritto del 2010: "Il Desiderio dell'Invisibile".
Tutto il mondo che ruota intorno all'uomo è fatto di forme, immagini e colori. Immagini che ti colpiscono,
si imprimono nella tua memoria e poi svaniscono, si dimenticano, ritornano di nuovo e poi passano... Tutto
è destinato a mutare, scomparire. Tutto è vanità, tutto si corrompe, si trasforma, sfuma come in un sogno e
poi muore. Parole di Luigi Salvatori che sembra riprendere e fare proprie quelle secolari incise nell'austero
salone per l'accoglienza dei pellegrini, dominato da un grande camino, appena si entra nel Convento
francescano di Bellegra, parole concretizzate nel quotidiano dal Beato Diego Oddi da Vallinfreda le cui
spoglie riposano nell'attigua Chiesa. Anche la natura sembra partecipare allo stesso destino dell'uomo che è
la morte. L'uomo, proprio per la paura della morte si trova, durante la vita, soggetto a schiavitù e questa
paura non rimane al di fuori di lui ma lo distrugge interiormente. L'uomo è incapace di uscire da sè stesso,
di aprirsi all'altro, di trascendersi nell'altro poichè l'esperienza di morte che possiede gli impedisce di amare
nella misura in cui l'altro l'uccide, lo distrugge, lo mortifica. Questo male deriva dalla limitatezza umana, dai
condizionamenti dell'uomo, dal cattivo uso della libertà, dall'egoismo radicato. L'uomo vive immerso in
questa realtà naturale delle cose e soffre nell'incapacità di potersi donare, di amare, di godere e gustare
nella sua totalità e profondità delle meraviglie del Creato. La sua conoscenza è imperfetta, la bellezza delle
cose create non lo appaga, i momenti di gioia sono effimeri, passano subito. In questa situazione
esistenziale l'uomo vive con una speranza: quella di essere liberato dalla paura della morte e dare un senso
alla propria vita ed alla propria esistenza.
Con un senso di libertà, di trionfo, di gioia, di speranza, l'uomo e tutta la creazione attendono, con
impazienza, il soffio di un nuovo spirito rigeneratore. Da queste riflessioni nascono le Opere di Luigi
Salvatori; esse rappresentano quasi l'espressione poetica di una avventura interiore, di un moto dello
Spirito, nato da una profonda contemplazione, nuova e attonita, del mondo che ci circonda. E' questo
spirito vitale che dà origine ad un'opera d'arte, come sostiene anche il grande filosofo Hegel nel suo saggio
su "L'estetica": "L'opera d'arte è tale solo in quanto, originata dallo spirito, appartiene al campo dello
spirito e manifesta solo ciò che è formato secondo la risonanza dello spirito". Il fine dell'arte, secondo
Hegel, non è l'imitazione della natura nè il tentativo di suscitare sentimenti; il vero scopo dell'arte è:
"rivelare la verità sotto forma di configurazione artistica". Nel bello artistico si manifesta la verità, la
"rivelazione concreta ed individuale dell'universalità dello spirito, l'apparire sensibile dell'idea". In questo
senso l'arte è essenzialmente "mediazione e conciliazione tra spirito e materia, universale e particolare,
infinito e finito, pensiero e sensibilità tra la natura e la realtà finita e l'infinita libertà del pensiero
concettuale. L'opera d'arte costituisce una delle forme del percorso lungo il quale lo spirito si libera
dell'esteriorità della natura per ritornare alla piena comprensione di sè". Continua Hegel: "La bellezza
artistica è la perfetta conciliazione di idea e forma concreta, spirito e materia, pensiero ed intuizione". Le
Opere di Luigi Salvatori traggono spunto da luoghi riconoscibili. Gli piace guardare i paesaggi attraverso il
ricordo della memoria, magari partendo da uno schizzo o da un disegno, chiudendo gli occhi e poi
riaprendoli e poi chiudendoli di nuovo; nasce così il desiderio dell'invisibile, dell'infinito... Ma siccome la
mente umana non riesce a concepire l'infinito, in quanto l'uomo è entità finita, non resta che accontentarsi
dell'indefinito e delle sensazioni che confondendosi l'un l'altra, creano un'impressione illusoria; e allora, in
luogo della vista, lavora l'immaginazione interiore, la fantasia subentra al reale, la realtà diventa un sogno
ed il sogno diviene realtà.
Sulla tela si imprimono le immagini, le forme ed i colori che l'anima ricorda e rivive. Attraverso la
trasparenza calda delle immagini passano, fugaci, le macchie fredde di colori; i colori colano quasi a
piangere sulla natura del mondo e quasi a gridare che la realtà è un'altra e che nulla è definito. Le parole
con le quali Marta Lock traduce l'immagine dell'Opera: "Il rovo sotto la neve" sembrano perfettamente
sovrapponibili con quelle usate da Pietro Spina nel raccontare alla nonna Maria Vincenza le grandi emozioni
provate nel veder germogliare la vita sotto la neve nell'eccezionale Opera letteraria: "Il seme sotto la neve"
del grande Ignazio Silone. Salvatori e Silone hanno usato tecniche diverse, uno la pittura, l'altro le parole
ma hanno espresso gli stessi sentimenti, gli stessi intenti. L'impressione esterna diventa quindi espressione
interiore dell'anima.
Ecco... definirei l'arte di Luigi Salvatori: "Impressionismo espressivo dell'anima".
Marzo 2020, Andrea Salvati